
The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha rivoluzionato la serie con caratteristiche innovative, una delle quali è l’introduzione degli Ancient Shrines. Questi Shrines, presenti in tutto il vasto mondo di Hyrule, presentano ai giocatori una varietà di sfide ed enigmi. La navigazione di successo premia i giocatori con Spirit Orbs, che possono essere scambiati con Heart Pieces o Stamina Vessels. Oltre a contribuire al gratificante senso di avanzamento del gioco, gli Shrines offrono una gradita pausa dai pericoli e dai nemici pervasivi che popolano il paesaggio.
Inizialmente, credevo che BOTW fosse il primo titolo del franchise a integrare un tale concetto. Tuttavia, ho scoperto di recente che un capitolo precedente della serie Zelda aveva quasi incluso un’idea simile prima di essere definitivamente abbandonato. Sebbene questo gioco in particolare si sia rivelato un successo straordinario, ha suscitato curiosità su come questo concetto avrebbe potuto migliorare l’esperienza complessiva e le meccaniche di gioco.
Un collegamento tra i mondi: l’occasione mancata per i dungeon più piccoli
Un concetto sorprendentemente simile ai santuari di BOTW

Prima dell’uscita di BOTW, The Legend of Zelda: A Link Between Worlds presentava quasi un’idea che ricordava Shrines. Questa informazione è emersa durante un’intervista “Iwata Asks” disponibile sul sito web di Nintendo nel 2013. Kentaro Tominaga, l’assistente direttore del gioco, ha elaborato i concetti da lui sviluppati riguardanti la caratteristica abilità di fusione dei muri del gioco, esprimendo gli sforzi iniziali per produrre “alcuni piccoli dungeon” attorno a questa meccanica, con l’aspirazione di crearne “altri 50” per il prodotto finale.
L’idea di incorporare diversi dungeon più piccoli in A Link Between Worlds è sorprendentemente simile ai santuari presenti in BOTW. In quest’ultimo titolo, i santuari funzionano essenzialmente come dungeon compatti, ognuno dei quali ospita puzzle unici o incontri con i nemici.È interessante notare che, a differenza delle precedenti puntate di Zelda in cui ogni dungeon spesso circondava un oggetto raggiungibile, BOTW ruota attorno all’utilizzo di varie abilità di Sheikah Slate che si acquisiscono all’inizio, rispecchiando lo scopo previsto dietro i dungeon più piccoli proposti da A Link Between Worlds.
Sebbene non sia ancora chiaro se il concetto iniziale di piccoli dungeon per A Link Between Worlds abbia influenzato lo sviluppo di Shrines, i due giochi condividono interessanti legami. In particolare, A Link Between Worlds ha esplorato la possibilità di consentire ai giocatori di attraversare i suoi dungeon principali in qualsiasi sequenza, il che ha contribuito all’attenzione di BOTW sulla libertà e l’esplorazione del giocatore. Il concetto scartato di dungeon più piccoli, tuttavia, ha particolarmente stuzzicato il mio interesse, sollevando domande sul potenziale di questa idea per arricchire l’esperienza di gioco.
Il potenziale dei dungeon più piccoli per arricchire il gameplay
Migliorare le competenze attraverso sfide coinvolgenti





Incorporare dungeon più piccoli in A Link Between Worlds avrebbe fornito un’eccellente opportunità per mettere alla prova i giocatori sulla loro comprensione della meccanica di fusione dei muri del gioco. Uno degli aspetti che apprezzo degli Shrines di BOTW è il modo in cui valutano ripetutamente la mia competenza con le abilità di Sheikah Slate. Ogni Shrine richiede ai giocatori di pensare in modo creativo, sia per tracciare un percorso in avanti che per localizzare tesori nascosti, poiché accende varie opportunità di risoluzione di enigmi coinvolgenti.
Mettere alla prova l’esperienza di un giocatore attraverso questi dungeon più piccoli avrebbe incoraggiato un’osservazione meticolosa dell’ambiente, essenziale per discernere i modi per progredire. Inoltre, gli enigmi inerenti a questi dungeon avrebbero potuto spingere i giocatori a elaborare strategie efficaci su quando e come applicare la fusione dei muri, ottimizzando così l’uso di questa innovativa meccanica di gioco.
Il concetto alla fine è stato scartato
A Link Between Worlds sfrutta la sua meccanica con grande efficacia

Purtroppo, nonostante l’immenso potenziale che i dungeon più piccoli promettevano, il concetto alla fine fu scartato. Secondo Tominaga, Miyamoto respinse l’idea, affermando la famosa frase “L’ha fatta a pezzi!” Invece, Miyamoto incoraggiò una direzione che avrebbe trasformato il gioco in un sequel del classico SNES, A Link to the Past, che portò all’approccio strutturale più familiare di A Link Between Worlds.
Tuttavia, l’iterazione finale di A Link Between Worlds ha utilizzato con successo la meccanica di fusione dei muri. Il concetto di mondo duale di Hyrule e Lorule lo esemplifica sfidando i giocatori a navigare tra i layout unici e le disparità tra entrambi i regni. Questo aspetto costringe i giocatori a elaborare strategie efficaci per l’acquisizione di oggetti e l’accesso a ricompense altrimenti irraggiungibili, assicurando così che il gioco metta alla prova in modo adeguato la padronanza dei giocatori delle sue meccaniche centrali.
Nonostante questo, non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che l’inclusione di dungeon più piccoli avrebbe potuto migliorare l’esperienza di gioco. Proprio come Breath of the Wild ha arricchito i suoi enigmi tramite gli Shrines, i dungeon più piccoli proposti in A Link Between Worlds avrebbero potuto promuovere creatività e sperimentazione, rendendo la risoluzione degli enigmi ancora più piacevole. Sebbene io abbia un profondo apprezzamento per A Link Between Worlds, è un po’ deludente vedere che l’idea di dungeon più piccoli non sia stata realizzata.
Fonte: Nintendo
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